giovedì 15 agosto 2013

>>>Senza difese


















Alcuni mesi fa, ho letto il libro di Catherine Dunne,  "Quel che ora sappiamo".
Il romanzo narra una storia di bullismo raccontata dal punto di vista dei genitori
della vittima.
II libro è molto commovente. Ogni volta che i media denunciano episodi di bullismo finiti in tragedia,
ripenso alla storia narrata nel romanzo, dove si parla di bullismo virtuale, ma anche
di bullismo reale e fisico; la differenza è generazionale. Il primo vissuto tragicamente ai giorni nostri,
il secondo  vissuto dal padre della vittima nella metà del secolo scorso.
La sofferenza  è stata grande per entrambi, ma mentre per il protagonista l'epilogo è stato
tragico (suicidio), per il secondo c'è stato il superamento, anche se doloroso.
Spesso mi ritrovo a far considerazioni sull'argomento, sollecitata  dalle notizie che  ogni giorno
ci investono in materia.
Il bullismo di oggi si serve di mezzi molto sofisticati, come il web, sommato ad altre tecnologie
come il photoshop.
Il bullismo di ieri era circoscritto nelle scuole  o nelle piccole comunità sia sotto forma verbale che fisica. 
Gli adolescenti di oggi hanno un vissuto sul "morbido" rispetto alle generazioni precedenti; le scuole e
le famiglie a metà '900 e ritroso, erano più autoritarie ed era richiesta più disciplina.
Oggi i genitori sono più condiscendenti e molto protettivi.
(A questo punto inizio a notare i primi segni del mio invecchiamento, ripensando alle mie
battaglie post sessantottine contro autoritarismo ed il nozionismo. Vabbè.
Ora devo ammettere che i Prof più severi, ma bravi, sono stati i più amati, però non mancavano anche i severi ma stronzi)
Ritornando al bullismo, penso che i ragazzi delle generazioni precedenti erano più corazzati, anche se
devo ammettere che per gli adolescenti di oggi,  epoca in cui l'immagine viene al primo posto
nella scala dei  'valori ' , essere vittima di molestie e persecuzioni che intaccano la propria immagine
fisica e morale, gettata alla mercè di un pubblico immenso come quello del web, deve essere devastante.
Si tratta comunque di persone molto fragili, sia il perseguitato che i persecutori.
Il web offre però anche molte possibilità di difesa, niente può impedire alle vittime di divulgare a loro  volta
la propria immagine secondo la propria sensibilità e di informare sempre tramite web di essere vittima
di bullismo.
Mi rendo conto di fare considerazioni molto discutibili, essendo io priva di esperienza genitoriale, però
in qualità di osservatrice ho un'opinione che probabilmente alcuni conoscenti miei coetanei e genitori di figli
ormai grandicelli, potrebbero non gradire.
In particolare i figli di due coppie di conoscenti soffrono indubbiamente di disturbi  dell'alimentazione, in particolare una ragazza
ha problemi molto gravi:  l'anoressia
L'altra ragazza  ha problemi di sovrappeso.
Infine il figlio maschio di un'amica aveva problemi di aggressività.
Si tratta di famiglie tutte benestanti. Questi ragazzi non hanno mai dovuto affrontare personalmente problemi
di carattere pratico, assecondati in tutto e per tutto in  ogni desiderio. Problemi economici? Nessuno.
Problemi di lavoro? Lavoro in situazioni privilegiate. Problemi sentimentali? Apparentemente no. Le ragazze, entrambe
hanno vissuto storie di convivenza foraggiate dai genitori; casa, mantenimento, divertimenti....
Ma vi rendete conto! Questi ragazzi non fanno in tempo ad  esprimere un desiderio che... oplà.
 Non conoscono la bellezza e la soddisfazione della conquista, della lotta,  della realizzazione autonoma.
Sono senza difese.  Alla minima contrarietà si spezzano.

mercoledì 7 agosto 2013

>>>l'estetica della dignità







Probabilmente gli italiani hanno perso la loro risorsa migliore.
Il buon gusto.
Noi, si primeggiava nelle arti e nei mestieri, grazie probabilmente
 all'impareggiabile contributo della natura, molto  generosa
con il nostro paese.
Forse  proprio la natura aveva contribuito ad educare la nostra sensibilità
 estetica.
Poi è arrivata la televisione, è arrivata la televisione del biscione.
Occhi ed  orecchie degli italiani sempre incollati ai teleschermi
hanno perso di vista il mondo fuori, l'estetica della natura, i  suoni
della natura.
La funzione della TV fu sopravvalutata anche da un'intellettuale di
grande cultura come Umberto Eco, che pronosticava un miglioramento
della cultura delle masse proprio grazie a questo mezzo di comunicazione.
Si sbagliava.
La cultura che ci ha portato la televisione nell'ultimo trentennio si
sintetizza nei valori educativi sull'immagine e sul linguaggio esposti.
 L'immagine della donna espressa unicamente
nella sua funzione di oggetto e nella migliore delle ipotesi, come
 oggetto decorativo.
Il nuovo linguaggio, che detiene come emeriti precursori Sgarbi e Busi è
diventato un'accozzaglia di volgarità, maleducazione e soprattutto di
cattiveria e  violenza gratuiti.
Ma soprattutto il messaggio migliore è quello dell'estetica della dignità
che  ogni giorno ci regalano i nostri politici.


giovedì 1 agosto 2013

>>> Claustrofobia







>>>Claustrofobia


Era l'una di notte passata. Cosetta, appena coricata, al rientro da una cena con amiche, nel
dormiveglia, ripensava alle chiacchiere che avevano animato la serata e per l'ennesima
volta, si domandava come mai percepiva quella sensazione di disagio delle amiche, nei confronti
della sua beata singlitudine. 
Iniziò ad analizzare il suo status, confrontandolo con lo status delle amiche.
Da sempre viveva con la porta di casa praticamente aperta, chiudeva solamente prima di andare a dormire.
Era un antico vizio delle donne di famiglia, anche la nonna aveva sempre la porta aperta sulla piazzetta
del paese  ad un tiro di voce con il salumiere e la lattaia.
La porta era aperta anche quando in casa non c'era nessuno. Si poteva entrare tranquillamente e prendere un bicchiere d'acqua o una mela.
Si poteva anche rubare una rosa dalla microscopica aiuola accanto alla porta.
Erano anni diversi, però non tanto, si trattava già degli anni '80 e ritroso. Stesse abitudini a casa dei suoi
genitori. Cosetta ricordava le notti estive in cui si dormiva tranquillamente con la porta spalancata.
In contrasto con questa 'bella' abitudine Cosetta doveva ammettere che non amava coabitare con amici o compagni di vita
per più di due o tre giorni. Già al secondo giorno di convivenza, iniziavano gli attacchi di claustrofobia che
culminavano in sensazioni di vero e proprio fastidio, un vero attacco alla propria privacy ed alla propria libertà.
Cosa c'era di sbagliato nel volere gestire la propria vita ed il proprio tempo in completa libertà e autonomia?
Si rendeva benissimo conto che la sua insofferenza nei confronti della gestione del compromesso
era sfacciato egoismo, ma  non riusciva a comprendere il motivo per cui le sue scelte disturbavano tanto gli
amici. Tra i tanti benefici del suo status era il benessere che provava nei momenti di solitudine fisica, anzi
doveva ammettere con se stessa che sola non sentiva sensazioni di solitudine, al contrario  spesso
in compagnia di amici si sentiva sola. La vita affettiva e sentimentale era senza forzature.
"Senza polvere e senza peso" (rubata alla poetessa Gualtieri) era la descrizione perfetta della sua vita sentimentale.
Il senza peso inteso in senso positivo, non in senso letterale 'leggerezza', ma senza macigni da portare sul cuore.
La cosa che non riusciva a comprendere era che le critiche al suo status, provenivano da amiche che
lamentavano una vita di coppia triste, giustificata dalla paura della solitudine o dal bene per i figli.
A questo punto Cosetta si stiracchiò come un gatto, pian piano chiuse le palpebre e si arrese
ad  un morbido sonno.