giovedì 21 marzo 2013

>>>16 marzo






Il 16 marzo 1977 con il rapimento di Aldo Moro, iniziarono i nostri anni di piombo, a seguire ci  fu tangentopoli e poi
il famoso ventennio dell' edonismo berlusconiano durante il quale  si raggiunse l'apice della corruzione foraggiata da livelli
inquietanti di cattiveria, arroganza, maleducazione, ignoranza impacchettata in una lussuosa confezione patacca.
Il 16 marzo 2013,  35 anni  dopo, assisto incredula e commossa ad un avvenimento rivoluzionario per  la casa della nostra democrazia,
all'elezione ed all'insediamento dei due presidenti del nostro parlamento, camera e senato, nelle persone della Boldrini  e Grasso.
Nel 1977 io ero già grandicella, avevo già vissuto la mia rivoluzione sessantottina, ero immersa in disegni pieni di speranza  e
cambiamento. Credevo in un mondo migliore per tutti, in una società più giusta, nella libertà dell'individuo in una coscienza
sociale rivolta all'equità ed alla tolleranza.
Ricordo quel mattino di marzo del 77, come fosse  oggi. Lo stupore ed il gelo che paralizzò i miei sogni. La sensazione che
tutto ciò che mi circondava trattenesse il respiro, che tutto si fosse fermato.
Seguirono mesi tristissimi, il '77 appunto. La fine della nostra rivoluzione, la fine di Radio Alice, i carri armati a Bologna.
La  mia Goldrake,  fuoristrada superstar, che risaliva Via San Felice, mentre drappelli di ragazzi correvano  nel senso opposto.
Eravamo io e la Susy. Arrivate  sotto le due torri,  ricordo la Susy esclamare - Ma dove corrono Bifo e gli altri? ..guarda Calimero,
anche lui taglia per Via Zamboni.- poi arrivate all'incrocio con  Via Indipendenza la Susy iniziò ad urlare: -Non guardare a destra,
non guardare a  destra...vai per Santo Stefano...
Naturalmente io guardai subito a destra e vidi l'incredibile. I celerini schierati a scudo con manganelli che risalivano  Via indipendenza
a  poche  decine di metri dalla mia Goldrake.
Strade deserte presidiate dai carri armati i giorni seguenti.
Dopo 35 anni, il 16 marzo 2013, ho sentito per la prima volta, due alte cariche dello Stato parlare la mia stessa lingua. 


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